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Visioni dall'invisibile. Il cinema dipinto del Ghana

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Visioni dall'invisibile
Il cinema dipinto del Ghana


Fra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, nel contesto della grave crisi economica conseguente i Piani di Aggiustamento Strutturale, in Africa occidentale (Ghana e Nigeria) nasce una cinematografia popolare a orientamento commerciale, che trasforma radicalmente il panorama mediatico africano. Giovani dai diversi background (ex teatranti, cineasti, professionisti licenziati dal settore televisivo, imprenditori attivi nel settore dell'elettronica e disoccupati), accomunati dalla necessità di trovare nuove fonti di sussistenza, si appropriano della tecnologia video – low cost e facile da usare – per realizzare film low-budget (poche migliaia di dollari), diretti all'eterogeneo pubblico delle masse urbane locali. Si tratta di una filmografia complessa che coniuga in maniera nuova tradizioni artistiche locali e forme mediatiche globali (telenovelas, Hollywood, Bollywood e kung-fu movie asiatici), dando vita a un'estetica grottesca che mira a conquistare il pubblico delle metropoli post-coloniali, attraverso le vicende di personaggi dalla vita “scandalosa”, caratterizzata da eccessi finanziari, materiali e sessuali. Il suo successo sul mercato regionale, così come sull'intero continente e nella diaspora è tale che l'industria cinematografica nigeriana diventa la seconda al mondo per numero di produzioni annue, dopo l'indiana Bollywood, ma prima dell'americana Hollywood, guadagnandosi a pieno titolo l'etichetta di “Nollywood” (dati UIS 2009). (…) (Giovanna Santanera)


Un impero economico che da solo vale il 10 % del Pil nazionale ma soprattutto culturale e sociale. 250 mila addetti ai lavori e 30 nuovi titoli ogni settimana di cui ciascuno vende in media 50 mila copie con alcune punte di 400 mila. Risposta africana alla colonizzazione culturale da parte dell'America in cui i nigeriani non si riconoscono. Intrecci amorosi, scappatelle, incomprensioni di varia natura, thriller e polizieschi, che rappresentano la realtà e le dinamiche del quotidiano: sono questi i generi preferiti dal più popoloso Stato del continente (senza contare la folta diaspora). Per quanto riguarda la qualità c'è poco da pretendere da un contesto produttivo con solo vent'anni di vita e che difficilmente può ambire al prestigio dello schermo cinematografico ma che ogni due settimane intasa i mercati all'ingrosso di Kanu, Onitsha e Lagos. Mediamente la lavorazione di un film richiede all'incirca 15 giorni e un budget piuttosto leggero che si aggira attorno ai 90 mila Euro (grazie all'uso del digitale e di attori quasi esclusivamente non professionisti). (...) (Enrica Re – Film tv, n° 32, 2009)


Primo film di grande successo fu Living in bondage di Chris Obi-Rapu (1992), dove si affronta il tema della precarietà delle classi urbane: “Il protagonista, un abitante di Lagos, pur tra mille sforzi non riesce a trovare un lavoro che gli consenta di mantenersi dignitosamente malgrado con intrugli di stregonerie e gelosia, di vendette e di credenze.


(…) nel momento in cui osserviamo le straordinarie opere di artisti del Ghana realizzate per promuovere la cinematografia della Nigeria, la cosiddetta Nollywood. Nell'ambito delle ricerche di antropologia del Centro Studi Archeologia Africana, Gigi Pezzoli, studioso e appassionato africanista, le ha raccolte negli ultimi anni. Sono grandi dipinti su tela, eseguiti con un'enfasi simbolica che scava nell'immaginario animista, se non addirittura nella tradizione del vudu; che sfrutta sbalzi chiaroscurali possenti, assieme ad alfabeti di affetti e di archetipi che fanno di questa rassegna un impressionante spaccato culturale, sintesi del cruento innesto tra un media ormai ipertecnologico e un mondo che ancora conserva radici primarie e immaginari ancestrali. Una produzione paradossale che traduce le ambiguità, le paure e gli incubi dell'essere umano alle prese con i cambiamenti sociali e l'insicurezza latente della società contemporanea dove interagiscono conflitti di potere, sesso, denaro e religione. (…) (M. Pulini)


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